Stando a quanto afferma un manualetto intitolato Aneddotica della Scienza, il magnetismo possedeva doti magiche: così indossare anelli di magneti serviva agli antichi per attirare e conservare più a lungo i propri affetti. “Allo stesso modo,” dice Mario, “le canzoni attirano, oppure respingono”.
Magneti è il titolo del quinto disco di Mario Venuti: un disco che suona come una summa di quanto ci ha fatto ascoltare nei suoi precedenti lavori solisti. Risistemandone stili e contenuti in una maniera non solo organica e coerente, ma anche naturale, come in un cerchio che si chiude. Se Un po’ di Febbre e Microclima possedevano il sapore speziato e il vento fresco di canzoni pop immerse nella world music, Mai Come Ieri era un disco più acustico.
L’uomo che di ritorno dal viaggio si siede in casa e toglie la spina alla propria chitarra (non a caso, Mario ne parla come di un disco unplugged) per raccontare e fare il punto col passato (ci sono anche tre canzoni dei Denovo) e il presente (il titolo del disco e relativa canzone parlano chiaro).
Per poi riattaccarla all’amplificatore, questa spina, in Grandimprese, che usciva dopo un silenzio discografico di 5 anni. Un disco più rock oriented e anche in linea con il suono di una certa Catania che mescolava rock e pop e con le produzioni della Cyclope Records (l’etichetta per cui in un primo momento sarebbe dovuto uscire, prima della scomparsa di Francesco Virlinzi, che ne era il proprietario), Carmen Consoli come Flor o Brando.
Magneti possiede un po’ tutto questo, e così vi troviamo la cifra stilistica tutta di Mario Venuti, cantautore pop moderno, ai suoi massimi livelli. Un incrocio, tropicalista?, tra classico e moderno del pop. Bacharach e Beatles accanto a XTC, Costello e Style Council che aggiornano la tradizione della canzone italiana – quella dei Tenco e degli Endrigo piuttosto che Bindi e Gino Paoli, ma anche Battisti. Tropicalista non tanto, e non solo, perché di mezzo ci sono i colori e le atmosfere del Mediterraneo e della Sicilia (ognuno è sempre figlio della propria terra, no?), quanto per l’aver trovato, in maniera del tutto spontanea e in un certo senso “primitiva”, di pelle, un antecedente importante nell’arte di Caetano Veloso e di tutto il cenacolo che rinnovò la musica popolare brasiliana negli anni ’60 (Gal Costa, Jorge Ben, Gilberto Gil, Tom Zè). Antecedente che, per affinità d’umori ed eleganza formale (la fisicità delle figure ritmiche accompagnata da una sottile malinconia del cuore), ha finito per influenzare lo stesso suono delle canzoni di Mario.
“Magneti segue la scia della seconda edizione di Grandimprese”, dichiara Mario. Quella che conteneva Crudele come Per causa d’amore, fascinosa bossa italiana cantata in duetto con Patrizia Laquidara, o la smithsiana Nella fattispecie. “Inoltre,” continua, “ha una produzione più ricca e la band che suona insieme a me è la mia band. Non sono dei turnisti: più o meno bravi ma comunque estranei al progetto.” “Abbiamo lavorato insieme sugli arrangiamenti, sulle canzoni. Arancia Sonora ha fatto un grosso lavoro in questo disco, che è il disco di una band.”
Magneti inoltre colpisce per la ricchezza espressiva degli strumenti acustici utilizzati: pianoforte, archi, fiati e contrabbasso, ma anche berimbau e chitarra portoghese – la chitarra con cui si esegue il fado, per intenderci.
Liricamente Magneti possiede dei temi ricorrenti (“Scrivere canzoni ha a che fare con l’istinto, certi temi tornano sempre”, ci avverte l’autore) e si muove fra inquietudine, attrazione, fuga, ritorno e consapevolezza delle cose, quindi la loro accettazione.
L’inquietudine di chi vuol vivere senza lasciarsi sfuggire alcuna possibilità e la consapevolezza che i rimorsi sono da preferire ai rimpianti, rappresentano partenza e arrivo del percorso.
In mezzo c’è la sete di bellezza e di vita (Santa Maria); lo scacco degli amori finiti che nonostante tutto bruciano ancora (Qualcosa brucia ancora); la luce che in un attimo pare mostrarci la vita nella sua verità per poi svanire, fortunatamente, l’istante dopo (“Fa troppa luce la parola sempre”, canta Mario in È stato un attimo); sguardi teneri come un omaggio a mondi che non ci sono più, colti attraverso il loro simbolo più rappresentativo (la Televisione di Il mondo in bianco e nero), come la nostalgia spietata per la propria terra di chi è fuggito cercando una vita migliore (Sulu); il momento in cui svanisce l’effetto dei magneti, costringendoci a scegliere tra una inutile fuga o una più serena (matura?) accettazione delle cose (“A cosa serve vagare di amore in amore se tutto si ripete uguale?”, ci si domanda in Magneti) o, ancora, la felice ristrutturazione della propria vita, vista come un cantiere aperto (Open space).
Se volessimo assegnare un suono alla letteratura, allora potremmo dire che Magneti si muove tra la malinconica inquietudine di Pessoa e l’energia vitale di Pedro Juan Gutiérrez (l’uomo che ha scritto Trilogia Sporca dell’Avana).
Pippo Rinaldi, più noto come Kaballà, ha collaborato alla scrittura dei testi (quasi tutti), come già per Crudele e per tutta l’ultima produzione di Mario. Una collaborazione decisamente felice. “Lui ha il compito di sistemare i miei impeti e chiarire i miei concetti”, dice Mario. E aggiunge sorridendo: “ Il suo è un po’ un lavoro d’esegesi su tutto quello che si agita dentro di me.”
Il punto di vista di Kaballà sulla fortuna del connubio è chiaro: “Con Mario è quasi un brainstorming continuo. Lavoriamo sempre fra gioco e voglia di comunicare.”
Magneti è un disco compiuto e maturo, dove profondità e leggerezza combaciano, e con melodie che restano impresse al primo giro, tanto sono efficaci e “semplicemente” esatte.
E Mario Venuti scrive canzoni pop perfette, come pochissimi altri sanno fare.
Il suo disco migliore? Sì, ma anche un termine di paragone….
TRACKS LIST
E’ STATO UN ATTIMO
ADDIO ALLE ARMI
ANNI SELVAGGI
QUALCOSA BRUCIA ANCORA
UN ALTRO POSTO NEL MONDO
SANTA MARIA LA GUARDIA
ULTRAMARINO
SULU feat. Zu’ Luciano
MAGNETI
IL MONDO IN BIANCO E NERO
MALINTESI
OPEN SPACE
CREDITS
Testi di Mario Venuti e Kaballà
tranne: “Sulu” di Florio-Venuti-Kaballà. “Anni selvaggi”, “Ultramarino” e “Malintesi” di Mario Venuti
Produzione Artistica e arrangiamenti di Mario Venuti e Arancia Sonora
Produzione esecutiva di Sebastiano La Ferlita per Musica&Suoni.Registrato da:
Gianluca Bertoldi allo studio SONORIA/ Scordia (CT)
Editing: Gianluca Bertoldi, Vincenzo Cavalli
Registrazione voci: Gianluca Bertoldi, Vincenzo Cavalli
Assistente in studio: Daniela Languanti
Edizioni Musicali: Bmg ricordi publishing/ Musica e Suoni
Mixato da: Francesco Luzzi al mulino recording Studio di Acquapendente (vt)
Assistente di studio: Fausto Demetrio, Luca Pellegrini
Masterizzato da: Antonio Baglio al Nautilus (mi)
Art direction Fabio Calvi
Grafica: Sveva D’Acquisto
Foto: Alessandro Di Giugno
courtesy Galleria Francesco Pantaleone – Palermo
P) C) 2005 Universal music italia s.r.lHanno suonato:
MARIO VENUTI: voce, chitarra acustica, armonica
TONY CANTO: chitarra elettrica
TONY BRUNDO: tastiere e pianoforte
VINCENZO VIRGILLITO: basso elettrico e contrabbasso
FRANCO BARESI: batteria
ADRIANO MURANIA: violino
DANIELE ZAPPALA’: tromba e flicorno
GIOVANNI ROSELLI: flauti
CAMILLO PAVONE: trombone
GIOVANNI CUCUCCIO: violino
ANTONIO GRANATA: viola
ALESSANDRO LONGO: violoncello
GAETANO CRISTOFARO: sax alto e sax tenore
MANOLA MICALIZZIi: surdo
YLENIA SCIACCA, AZURRA SCIACCA, VINCENZO CAVALLI: coro
Zu’ LUCIANO: voce IN “SULU”
Ringranziamenti: Nello Toscano, Camen Consoli, Ettore Di Giugno, Galleria Francesco Pantaleone Arte Contemporanea.
Management: Musica&Suoni